venerdì 31 dicembre 2010

César Manrique - Fundacion César Manrique, Teguise, Lanzarote





lunedì 31 maggio 2010

lunedì 2 novembre 2009

sabato 16 agosto 2008

PTW - Beijing Water Cube, Pechino


Il Water Cube di Beijing è la splendida struttura che ospita la piscina olimpionica delle XXIX Olimpiadi moderne.
Progettata dagli architetti dello studio PTW e dal consorzio ARUP, la struttura esterna ha una morfologia che ricorda tante bolle d’acqua irregolari, leggere e luminose alla vista; ma la sua particolarità non si ferma alle caratteristiche estetiche. L’edificio, progettato secondo principi di design ecosostenibile, utilizza materiali ecologici e tecnologie per l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.
Interessante è il materiale utilizzato per le pareti dell’edificio: l’EFTE, un particolare tipo di Teflon, prodotto dalla DuPont, che reagisce al colore del cielo, cambiando il proprio colore, creando effetti visivi fantastici, e che permette di catturare il 20% dell’energia solare incidente sul palazzo utilizzandola per riscaldare l’acqua delle vasche.
Durante il giorno lo stabile è illuminato dalla luce naturale, riducendo al 55% i consumi di elettricità per l’illuminazione. La zona dove sorge il Water Cube è caratterizzata da scarse risorse idriche; per porre rimedio a questo problema l’80% dell’acqua piovana raccolta dal tetto della struttura viene riciclata e riutilizzata.


Un progetto fantastico; dopo aver visto le immagini del progetto presentate per il concorso mi ero chiesto se ne sarebbe stata possibile la realizzazione e soprattutto se una volta finito l'aspetto sarebbe stato pari ai rendering di progetto. Dalle immagini l'edificio risulta spettacolare, bellissimo soprattutto durante le ore notturne.

Herzog & de Meuron - National stadium, Pechino


In questi giorni di Olimpiadi non si è potuto non notare il nuovo stadio di Pechino, il National stadium già soprannominato The Bird’s Nest, letteralmente il “nido di uccello”.
Il progetto dello studio di architettura svizzero Herzog & de Meuron è una struttura affascinante dove oltre 35.000 tonnellate di acciaio si intrecciano, come esili ramoscelli, per dar vita al nido, un nido che accoglierà più di novantamila increduli spettatori delle Olimpiadi di Pechino.
Il progetto, è risultato il vincitore del concorso bandito nel 2002 proprio grazie alle sue forme morbide, originali ed organiche. Una forma data da innumerevoli intrecci che, oltre a regalare una bellissima opera di architettura contemporanea, risultano un interessante e meticoloso capolavoro d’ingegneria.
Tutta la struttura è ricoperta da due strati di materiale traslucido: l’EFTE, già utilizzato dagli architetti svizzeri per l’Allianz Arena di Monaco di Baviera e utilizzato per lo stadio del nuoto di Pechino, il Water Cube. Questo materiale, dalle prestazioni sorprendenti (una delle tante è che quando brucia non emette né fuoco, né fumo) è utilizzato sia come membrana protettiva resistente agli agenti atmosferici, sia come (per la membrana interna) isolante acustico. Parte integrante della struttura è il tetto del nido, un guscio trasparente che consente il riflesso di fasci di luce all’esterno (e protegge gli spettatori da eventuali piogge).
I percorsi interni sono indicati da elementi in ardesia, intervallati da boschetti di bamboo, blocchi in pietra e piccoli giardini coperti. In questa architettura, in cui facciata e struttura coincidono, l’effetto visivo è sorprendente, nonostante la semplicità e l’essenzialità dell’idea. Dalla natura c’è sempre da imparare.


Completato nell'aprile 2008, con qualche mese di ritardo rispetto alla programmazione del comitato cinese per i giochi olimpici 2008, lo Stadio Olimpico di Pechino è stato il vero protagonista della cerimonia di apertura delle XXIX Olimpiadi moderne.
Fantastica la struttura portante, esile nella vista d'insieme, lasciata totalmente in facciata.
Herzog & de Meuron, dopo l'Allianz Arena di Monaco di Baviera, hanno ancora una volta stupito il mondo intero (quattro miliardi di telespettatori collegati da tutto il mondo per la cerimonia d'apertura) con una bellissima architettura.
Per chi fosse interessato a questo link si possono trovare i progetti che hanno partecipato al concorso per la realizzazione del nuovo stadio olimpico di Pechino.

sabato 31 maggio 2008

Rem Koolhaas - Public Library, Seattle

L'architettura della Seattle Public Library di Rem Koolhaas, stabilisce relazioni complesse, articolate, sinergiche con il panorama urbano circostante, lo skyline ricco di edifici alti di Seattle, città più importante del Pacific Northwest degli Stati Uniti d'America. La biblioteca, inaugurata nel maggio del 2004, vive all'interno di un volume monolitico, compatto, simile ad un cuneo, eppure sfaccettato e aperto alla città e ai suoi flussi. "We wanted to create a sense of moving between urban spaces and not spaces in a building", racconta Joshua Ramus, collaboratore di Rem Koolhaas. Composto da tre fasce, da uno dei quattro spigoli il blocco presenta, scendendo dall'alto verso il basso, una prima parte dal disegno simile a quello di un capitello dorico, quindi un'altra perfettamente verticale, come il fusto di una colonna, e, infine, una parte tronco-piramidale, come fosse un basamento. Quest'ultima poggia sul livello della strada per tre lati, mentre se ne stacca, quasi a schiudersi verso la strada e a invitare al suo interno, lungo il fronte di ingresso. Le proporzioni, tuttavia, non sollecitano altri rimandi all'iconografia classica, non solo: non appena girato l'angolo, la possibilità di azzardare dei riferimenti viene completamente ribaltata da un'articolazione dei volumi assolutamente diversa dalla precedente, più nervosa, plastica, solo apparentemente casuale. La biblioteca prevede otto livelli collegati fra loro da un sistema di scale mobili. La sua organizzazione interna rivoluziona il tradizionale concetto di biblioteca: essa diventa uno spazio cittadino, una cellula dell'organismo urbano, una piazza al chiuso frequentata non solo dallo studioso, ma anche dal passante che nel "Living room" può intrattenersi per rilassarsi, socializzare, leggere in maniera informale, connettersi a Internet. La biblioteca quindi diventa uno spazio per tutti, per grandi e piccini, per ricercatori o anche per curiosi. Si trasforma in un ambiente che sollecita la sua esplorazione, abbandonando lo stereotipo della classificazione tipologica, divenendo luogo vissuto della città, continuo flusso di utenti e non, in ogni momento del giorno. Si legge nel concept book relativo al progetto: "[...] new libraries don't reinvent or even modernize the traditional institution; they merely package it in a new way".

All'interno Koolhas, utilizzando gli elementi tipici del suo lavoro, gioca sulle interazioni fra le superfici piane delle sale di lettura e le inclinazioni variabili del manto esterno, sulla bizzarria dei colori e sulla scelta di un lettering a grandi caratteri per individuare ora le funzioni delle varie aree ora i corridoi corrispondenti ai numeri delle collocazioni dei volumi. La griglia romboidale del rivestimento in acciaio e vetro si adagia sulle ampie sale di lettura, offrendo un'illuminazione naturale insolita per un ambiente destinato alla riflessione: qui la luce e l'ombra diventano protagoniste di una maglia dalla trama larga e geometrica che si adagia sui banchi di lettura come una rete che cattura al suo interno i lettori. Il lettering guida dall'ingresso, fino al bancone delle informazioni, sino ai libri.
Tappezzeria viola per le "Reading rooms", moquette striata che ricorda le traiettorie delle automobili sul tessuto urbano, scale mobili illuminate dai neon gialli, sala riunioni rosso lacca sono i termini di un linguaggio eclettico, scenografico, mutevole, e comunque mai eccessivo o fuori dalle righe.
Di notte poi, la biblioteca e il suo inserimento nella città ricordano le scene di certa produzione cinematografica sensibile alla rappresentazione della metropoli contemporanea: la luce, veloce, dinamica, sicura, corre sui volumi, li disegna, li scolpisce, li lusinga, restituendoli vibranti ad una nuova corsa, quella della vita cittadina.

Un volume semplice e compatto, riconoscibile e particolare al tempo stesso come tutta l'architettura firmata Rem Koolhaas. Pulita la struttura a maglia romboidale che consente un'ottima illuminazione degli interni grazie alle ampie vetrature. Eclettici e colorati gli interni che rendono accoglienti gli ambienti e gli spazi di passaggio.

martedì 8 aprile 2008

SANAA - New Museum of Contemporary Art, New York


Inaugurato il 1 dicembre 2007, il New Museum of Contemporary Art di New York, è stato progettato dallo studio d'architettura giapponese SANAA.
Ubicato al 235 Bowery, fra Stanton e Rivington Street, l'edificio è il primo progetto di un'area in via di trasformazione, che si sta imponendo per la moltitudine di gallerie d'arte che vi stanno sorgendo.
Insolito nella forma e nella spazialità, il complesso si basa sulla sovrapposizione di sei parallelepipedi di altezze e dimensioni diverse, collocati fuori simmetria l'uno rispetto l'altro, ricoperti da una pelle in rete espansa d'alluminio anodizzata di colore bianco.
L'organizzazione degli spazi espositivi è invece flessibile per modificarne le aree ed i percorsi creando atmosfere differenti in relazione alle esposizioni.
Oltre alle gallerie espositive, il museo accoglie un teatro, spazi per lo studio,un caffe, una terrazza ed uno spazio polivalente.

A mio parere, questo semplice volume, opera della coppia Sejima - Nishizawa, è un bellissimo progetto; la forma semplice, il colore che rende l'edificio etereo, l'organizzazione libera degli spazi colpisce lo spettatore senza essere mai troppo pomposo e scultoreo.

Herzog & de Meuron, Caixaforum, Madrid 2001-2008


La fondazione la Caixa ha recentemente inaugurato a Madrid la sua nuova sede, firmata dallo studio svizzero
Herzog & de Meuron.

Dopo aver acquistato, nel 2001, la centrale elettrica del Mediodia, una archeologia industriale risalente al 1899, l'associazione ha affidato al team svizzero l'ampliamento dell'edificio, quintuplicandone la superficie originaria fino a 10mila metri quadrati.
Il progetto ha previsto il restauro dell'originale facciata in mattoni e, la realizzazione di un volume sovrapposto su diversi livelli.
Per dare il senso di galleggiamento dell'intero edificio si è pensato di eliminare lo zoccolo originario di granito che lo rendeva solidale con la piazza pubblica antistante.

Ammetto che il progetto non è futuristico, ma il contrasto fra il vecchio e nuovo e il sapiente utilizzo dei materiali lo rende molto interessante; inoltre lo studio svizzero è ormai abituato a recuperare al meglio le vecchie archeologie industriali sparse nell'intera Europa.

mercoledì 19 marzo 2008

Massimiliano Fuksas, Sala concerti Zenith - Strasburgo


Commissionato dalla Communauté d’Agglomération Amiens Métropole, è stato recentemente inaugurato il nuovo edificio per concerti opera di Massimiliano Fuksas, vincitore del concorso indetto nel 2003.
Pensato come un elemento architettonico, scultoreo, autonomo, che includa sotto la stesa struttura tutti i punti previsti dal programma, l'edificio emerge in una zona periferica in fase di trasformazione.
Il volume, imponente è dotato di leggerezza grazie all’utilizzo di una membrana di PVC pigmentata di colore arancione tesa attraverso gli anelli ellittici che si avvitano fuori asse intorno alla struttura.
La copertura al di sotto della sala per spettacoli è costituita da un insieme di semisfere forate che fungono da isolante termico e acustico.
Un tessuto di poliestere, rivestito di PVC “double face” ricopre l’intero edificio permettendo allo stesso tempo la diffusione di una tenue luce rossa nella hall e negli spazi comuni.
La configurazione “tutti seduti” permette di ospitare fino a 4.600 posti (gradinate con le sedute: 3.900, parterre: 700) mentre la disposizione “seduti - in piedi” arriva a 5.700 posti (gradinate con sedute: 3.900, parterre: 1.800).
L'accesso è collocato in corrispondenza della parete vetrata del basamento che, fino all'altezza di cinque metri, è rivestito in acciaio arancione per conferire continuita di forma e colore alla porzione superiore della struttura.
L'involucro funge inoltre da schermo per la proiezione delle informazioni relative alla programmazione degli spettacoli.

domenica 27 gennaio 2008

Nicholas Grimshaw, E3 Fashion and Design Events Building - Milano


Uno dei quattro edifici che sorgeranno attorno alle tre torri disegnate da Cesar Pelli per la futura Città della Moda di Milano, nell’area Garibaldi Repubblica, è firmato dallo studio inglese Grimshaw. Si tratta di “E3 Fashion and Design Events Building”, il progetto vincitore del concorso ad inviti indetto da Hines Italia. Alla competizione hanno partecipato anche Mario Bellini associati, 5+1AA, il francese Jean Nouvel, il danese Schmidt Hammer Lassen e lo statunitense Vinoli Architects PC.
Il centro espositivo di Grimshaw si colloca, nel masterplan curato da Cesar Pelli, tra il parco di 92mila metri quadrati progettato dallo studio olandese Inside Outside, e la Scuola della Moda disegnata da Pierluigi Nicolin, definendo il lato orientale dell'area in corrispondenza con le maggiori arterie stradali tangenti la zona.
Il progetto – spiegano gli autori – si ispira all’industria della moda, sebbene il punto di partenza sia stato una semplice “scatola nera”. Grimshaw chiama “black box” il cuore dell’edificio, date le pareti ortogonali della hall. La “scatola” accoglie due livelli di spazi espositivi, con la possibilità di ospitare da due a otto esposizioni differenti contemporaneamente.
Tale nucleo funzionale è rivestito di una pelle metallica che segue la geometria del sito, dando forma ad una sorta di scultura urbana che riprende i drappeggi dell'haute couture di cui Milano è capitale.
La struttura esterna è una pelle fluida, tagliata in tutta la sua lunghezza, in modo da ottenere delle strisce che consentono la penetrazione della luce naturale, creando all’interno una varietà di condizioni. Si tratta di fasce contorte per creare delle aperture, che si intrecciano man mano che si allontanano dal cuore dell’edificio. In tal modo sono consentite ulteriori anche se deboli visuali all’interno.
Sorgendo su un podio, l’edificio E3 crea piazze rialzate lungo le tre facciate, alle quali corrispondono altrettanti ingressi ritagliati nelle trasparenze. Al livello delle piazze, infatti, l’edificio è trasparente: una vetrata continua consente al pubblico una connessione immediata con l’interno del centro espositivo.
L’esperienza del visitatore durante il percorso che lo conduce dalla piazza ai livelli superiori dell’edificio cambia a seconda delle diverse dinamiche create dalle fasce intrecciate dell’involucro esterno.

Progetto molto interessante, per l'uso del materiale, per le forme morbide che ricordano un abito ma, a mio parere, anche a forme che si ispirano alla natura, alle branchie di un enorme pesce di metallo che risplende al sole con le sue squame argentate.
L'unica pecca, a quanto visto nei modelli del masterplan, la sua collocazione sarà a stretto contatto con altri edifici, dalle forme più regolari e di altezza maggiore che ne potrebbero diminuire la visibilità; sarebbe stato preferibile collocarlo all'interno di uno spazio meno urbanizzato lasciandogli la visibilità che merita.

martedì 11 dicembre 2007

Jean Nouvel, Philarmonie - Parigi

L'ultimo incarico parigino per Jean Nouvel, è la realizzazione della nuova Filarmonica, fortemente voluta dall'omonima associazione della capitale francese, per ampliare l'offerta culturale della Ville Lumiere dotandola di una sala per la musica sinfonica da 2400 posti.
L'edificio sorgerà all'interno del Parco de la Villette, visibile dalla periferia nord-est, sviluppandosi su una superficie di 20000 metri quadrati che accoglierà inoltre sala prove, uffici, un polo educativo, spazi espositivi, un ristorante ed i locali tecnici di cui l'opera abbisogna.
Il via ai lavori è previsto per il 2009, l'apertura al pubblico nel 2012.

Zaha Hadid - MAXXI - Roma


Al confine settentrionale del centro storico, nel quartiere Flaminio, i 26mila metri quadrati dell'ex Caserma Montello, sono oggetto di un complesso programma di intervento che prevede la demolizione di tutte le strutture ad eccezione della palazzina D, usata temporaneamente come sala espositiva e di altri due edifici che accoglieranno la mediateca e la biblioteca, il ristorante, il bookshop e gli uffici.
Le funzioni ricettive e le sale esposizioni saranno invece accolte all'interno del nuovo edificio.
Il concorso per la realizzazione del Museo Nazionale delle arti del XXI secolo, è stato vinto dall'architetto anglo-iracheno Zaha Hadid, che ha sviluppato l'idea di campus urbano rendendo l'intero edificio permeabile alla circolazione del pubblico e divenendo luogo urbano.
Le forme sinuose del nuovo edificio, creano una trama di percorsi liberi caratterizzati dalla dinamicità tipica delle architetture hadidiane.
Una sequenza di ambienti espositivi modulati dalla luce naturale ed allestiti con pannelli mobili, che consentono il mutare degli spazi espositivi a seconda delle esigenze museali, si alternano a splendide viste sulla città circostante.
La promozione dell’architettura e delle arti contemporanee, obiettivo primario del Centro, è già iniziata negli spazi dell’ex-caserma, ove sono state allestite mostre ed incontri di cultura, curati dalla DARC (Direzione generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee), che è attiva anche nell’acquisizioni di fondi archivistici, considerati il punto di congiunzione tra conservazione e promozione, tra cultura specialistica e divulgazione. La collezione permanente di archivi di architetti del Novecento consiste, ad oggi, nei fondi di Carlo Scarpa (31400 pezzi), Aldo Rossi (1000 disegni, 9 scatole di foto e carteggi, 50 cassette audio e video, 13 quaderni di appunti, 11 plastici), Vittorio De Feo (2917 disegni, 31 quaderni e blocchi di appunti, 25 faldoni, 248 scatole di foto e diapositive, 25 plastici), Sergio Musmeci (1500 disegni, 50 fascicoli di documenti allegati ai progetti, 20 fascicoli di materiale di studio, 2 plastici) ed Enrico Del Debbio (44000 disegni) e sarà incrementata con le donazioni di altri progettisti ed anche con materiali rappresentativi delle stagioni della cultura architettonica, come per esempio i materiali dei concorsi di progettazione e di idee o quelli prodotti dalle iniziative del museo stesso. La consistenza degli spazi espositivi è equamente suddivisa tra la sezione arte e la sezione architettura; gli ambienti per la custodia dei fondi archivistici sono attualmente situati negli spazi ai piani superiori del Museo Andersen che dista poche centinaia di metri dal Maxxi.

venerdì 30 novembre 2007

Shigeru Ban - Centre Pompidou - Metz

Per festeggiare il suo trentesimo compleanno, il Centro culturale Georges Pompidou, più conosciuto come Beaubourg, si espande con una nuova sede nella città di Metz in Lorena, che sarà inaugurata all'inizio del 2008.
Come avveniristico fu il progetto di Richard Rogers e Renzo Piano per la sede parigina, così lo sarà il progetto dell'architetto giapponese Shigeru Ban per la prima filiale francese del Beaubourg.
L'architetto giapponese, noto per la leggerezza e l'ecologicità dei suoi progetti, si è stanziato temporaneamente in un tunnel di legno lungo 34 metri allestito sul tetto del Centre Pompidou, dove ha lavorato a questo museo in collaborazione col francese Jean de Gastines.
La copertura dell'edificio è ispirata ad un cappello tipico cinese in giunco del quale riporta lo stasso intreccio in legno.
La struttura occuperà una superficie totale di 12000 metri quadrati di cui metà destinati a spazi espositivi.

sabato 20 ottobre 2007

Maurice Nio, "The amazing whale jaw", Hoofddorp (Paesi Bassi) 2003

Agli inizi del 2003 viene realizzato, nell’area antistante l’ospedale Hoofddorp’s Spaarne di Hoofddorp – nel nord ovest dell’Olanda – una stazione di autobus progettata dallo studio di architettura olandese Nio Architecten. L’edificio si trova al centro di una piazza e rappresenta uno snodo per il servizio pubblico di autobus locale.
Solitamente, questo genere di edifici sono progettati con linee essenziali, quasi neutre. In questo caso, invece, l’obiettivo era di realizzare un edificio di forte impatto visivo e di “personalità”, che fosse meno austero e generico rispetto allo standard. Ecco quindi un progetto ispirato al lavoro di Oscar Niemeyer, un progetto a cavallo tra il modernismo e il barocco.
L’edificio è realizzato completamente in schiuma di polistirene e in poliestere ed è la più grande struttura del mondo in materiale sintetico (lunga 50 metri, larga 10 e alta 5). Si è reso necessario l’utilizzo di un sistema costruttivo non tradizionale, attraverso la creazione in stabilimento delle parti finite, poi assemblate in cantiere, uniformate e levigate allo scopo di ottenere un unico oggetto.

Le risposte alle domande sulla forma del progetto e su cosa essa rappresenti sono numerose. Dal punto di vista architettonico si può descrivere come una grande roccia consumata nel tempo dal passaggio delle persone e dal traffico. Una risposta appropriata in termini di tecnica di design è che il progetto rappresenta un frutto originale dell’ingegno architettonico e che ha origine in quel terreno creativo indispensabile al lavoro di ogni architetto.


Un progetto particolare per forme ed uso del materiale, ad oggi la più grande struttura monoblocco al mondo realizzata con materiali sintetici, schiuma di polistirene e poliestere, lavorata tramite macchine a controllo numerico, divisa in blocchi ed assemblata in cantiere.
Una forma sinuosa che ne fa più un oggetto di design che un'architettura vera e propria.

mercoledì 3 ottobre 2007

Peter Cook & Colin Fournier - Kunsthaus - Graz (Austria)

Sulle rive del fiume Mur, all’angolo tra la Südtiroler Platz e il Lendkai, la nuova Kunsthaus di Graz si presenta come l’insolita composizione formata da un edificio in ghisa e vetro e da un volume biomorfico lucido e bluastro. Questo accostamento genera nel visitatore una sensazione di contraddizione e di armonica proporzione fra le componenti: un’impressione dialogica, che trova spiegazione nel proposito progettuale di definire il concetto contemporaneo di spazio espositivo.
Gli architetti Peter Cook e Colin Fournier, vincitori del concorso conclusosi nell’aprile del 2000, hanno dato vita alla sintesi tra presenza storica e sperimentazione formale, preesistenza del passato e organismo extraterrestre proveniente dal futuro.
L’Eisernes Haus, il primo edificio realizzato in Europa con elementi prefabbricati in ghisa, costituisce l’eredità storica di questa dicotomia, la struttura che genera la forma. Costruito attorno al 1847, è stato restaurato nei materiali e ripensato nella distribuzione dei volumi disponibili, per ospitare, dislocati su quattro livelli, l’ingresso principale affacciato alla Südtiroler Platz, la biglietteria, lo shop, un laboratorio di arte mediale, la sede della rivista fotografica Camera Austria e gli uffici amministrativi della nuova Kunsthaus. La “Casa di Ferro” sembra essere l’appoggio della grande bolla sospesa nella scenografia urbana di Graz.

La costruzione organica rappresenta il secondo atto dell’intervento, e si esprime con un linguaggio innovativo in termini di forma che diventa spazio. Il corpo si mostra come elemento autonomo, la cui superficie era stata concepita, in fase progettuale, come un involucro in laminato plastico traslucido integrante un sistema di comunicazione luminoso. La scelta tecnologica finale, dettata da ragioni economiche e costruttive, adotta, invece, più tradizionali pannelli di resina acrilica avvolgenti una struttura metallica, la cui tessitura è interrotta da veri e propri tentacoli, protuberanze cilindriche volte a nord ( “per catturare la luce abbiamo inciso la pelle, l’abbiamo tirata verso l’esterno e aperta permettendo al sole di entrare da nord” C.Fournier ). Il sistema BIX sviluppato dal gruppo berlinese realities:united, 930 tubi circolari fluorescenti da 40 Watt ciascuno integrati nell’intercapedine esterna, muta il colore di questa membrana in un megaschermo a bassa risoluzione capace di proiettare semplici sequenze di immagini pulsanti e flussi di testo. Ogni anello di luce ha la funzione di un pixel e può essere controllato da un elaboratore. L’organicità dell’oggetto non si ferma alla sola forma, il materiale costruttivo diventa un’interfaccia comunicativa, epidermide sensibile e mutevole nel tempo che comunica con l'esterno e mette in relazione l'"extraterrestre" con gli umani.
L’apparente nuvola sembra fluttuare, disconnessa dal terreno urbano, al di sopra dei tetti rossi a falde del contesto urbano che la circonda. Il piano terra è infatti delimitato da una vetrofacciata continua e interamente coperto dalla superficie incurvata della bolla. La sua apertura sul Lendkai, immette il visitatore nel foyer, in comune con l’Eisernes Haus, che da accesso sia ad un ambiente versatile per la lettura e la comunicazione, sia alla caffetteria, comunicante all’occorrenza con un ampio spazio multiuso. Dal foyer, con una rampa mobile, si penetra all’interno della bolla sovrastante e superando un’area dedicata alle opere degli artisti più giovani, si arriva direttamente al terzo livello che ospita la prima sala espositiva e un laboratorio di arte mediale equipaggiato con stazioni informatiche interattive. Una seconda rampa automatica conduce alla sala espositiva superiore dove le pareti ricurve dell’involucro si estendono sino a definire la copertura punteggiata dai caratteristici tentacoli. La maglia strutturale si interrompe anche in alcune zone dove un rivestimento trasparente consente la vista esterna, incorniciando la Torre dell’orologio sullo Schlossberg e la prospettiva del centro storico oltre il fiume Mur, lasciando una sorta di comunicazione con l'esterno dal quale invece si distacca totalmente per forme, materiali, tipologia strutturale, colori, sensazioni, illuminazione.

Le superfici nude, continue e avvolgenti delle interiorità, renderanno l’opera d’arte unica protagonista di questi spazi ambigui. La possibilità relazionale tra artista e visitatore sarà poi completata dall’interazione con la pelle esterna, soggetta alle metamorfosi causate dagli impulsi luminosi. Le textures visive potrebbero essere dettate dall’opera ospitata, dall’artista, dallo sponsor privato o dal visitatore stesso, sfumando la linea immaginaria di separazione tra architettura narrante e opera d’arte. Alla fine del percorso, il visitatore esce dalla nuvola ed entra in una galleria vetrata a sbalzo che si affaccia sullo spettacolare panorama cittadino circostante (
"il contrasto tra questo sottile elemento architettonico e quello organico è evidente quanto il contrasto tra un ago e la pelle" C.Fournier ).
Accostati e collegati da un breve segmento trasparente tra primo e secondo piano, il volume biomorfico e l’Eisernes Haus, sembrano voler suggerire la percezione dell’insieme. Le forme sinuose del primo si fondono organicamente con la solidità strutturale del secondo per conferire innegabile sinergia all’architettura realizzata.

A mio parere una delle più belle opere architettoniche del 21esimo secolo, fusione di nuove tecnologie, elementi strutturali, luce, visioni utopiche del passato, elementi del futuro, che si distacca dal suo intorno anche se Graz sta compiendo un passo avanti verso la contemporaneità in architettura dopo la costruzione del passaggio sul fiume Mur di Acconci Studio e della Kunsthau, forse unica realizzazione di quella utopia architettonica che era Archigram di cui lo stesso Peter Cook fu protagonista.

Zaha Hadid - Museo Mediterraneo di arti nuragiche e contemporanee - Cagliari


Lo scopo del progetto era generare un nodo degli scambi culturali che fosse, allo stesso tempo, spettacolare ingresso per chi giungesse a Cagliari dal mare.
Il nuovo museo è assimilabile ad una colonia corallina che nasce da uno scoglio, si svuota all'interno, è duro e poroso sulla superficie esterna, ma ha la capacità di far comunicare l'atmosfera esterna dell’intera città con le attività culturali in corso all’interno dell’edificio.


L'erosione forma una grande cavità all'interno della costruzione articolando il volume in una successione di spazi adibiti a mostra, a zona di aggregazione o a zona di passaggio.
La cavità interna permette la genesi di due pelli continue, una contenuta all'interno dell'altra. Il museo è disposto fra la pelle esterna e la pelle interna, caratterizzata da un sistema flessibile di ancoraggio e digitalizzazione, che permette l'uso delle pareti come superficie di esposizione o di videoproiezione.
Gli spazi di comunicazione ed i percorsi pubblici che attraversano la costruzione incrociandosi, generano la struttura fluida dell’edificio, permettendo una molteplicità incredibile di usi e di configurazioni dello spazio interno. Gli elementi verticali ed obliqui di circolazione generano zone di interferenza e di turbolenza che creano una continuità visiva fra le diverse zone del centro culturale.
La metafora vitale che governa il museo diventa chiara all'interno: come gli organismi viventi, lo sviluppo del museo sarà autoregolato. Accadrà naturalmente quando gli stati di equilibrio fra l'atmosfera economica e l'ambiente filantropico e culturale saranno raggiunti.

Il progetto può essere suddiviso in tre zone suddivise a seconda delle funzioni svolte dai vari ambienti ma anche dalle fasi di realizzazione.
La prima fase costituisce circa il 50% del nuovo centro culturale ed include la realizzazione dello spazio per eventi situato nella cavità centrale, la caverna esterna e le volte usate per le installazioni, tutti gli spazi di comunicazione, il grande corridoio di ingresso, tutti gli uffici, allo scopo di iniziare tutte le attività necessarie dell'amministrazione e vendita del museo (biblioteca, ricerca, didattica, mostra).
La seconda fase è costituita dal completamento degli spazi espositivi con altri spazi relativi alla biblioteca. Questa costruzione, nell'adesione con la costruzione della prima fase, approfitta del sistema distributivo attuale, completandolo.
La terza fase prevede l'estensione della fase 2 verso la città di Cagliari. È una costruzione isolata che accoglie i laboratori di ricerca. Sarà collegato al resto del museo tramite “una moquette di collegamento", per offrire un percorso privilegiato che collega sul mare, il centro alla città.